domenica 14 agosto 2016

Qualità della vita a Vienna. Anche per poveri

La mattina uscivo fuori casa per due tiri di pipa.

Di fronte c'era il Sozialmarkt dove entrava la parte povera della città per acquistare generi alimentari in scadenza o anche già scaduti.
Persone che dignitosamente tiravano il proprio carrellino e che probabilmente non avevano nemmeno un lavoro.
Ed io mi chiedevo come fosse possibile che in una città in cui respiri il benessere, potesse esserci la povertà.
Ma anche quello che vedevo era ‪#‎qualitàdellavita‬ perché un bidet non è tutto.

- dagli appunti di viaggio viennesi di Marco Maraviglia -

Le mappe di Vienna

Ovunque andavi c'erano mappe.

Non potevi avere il piacere di perderti o attivare il GPS.
Anche i musei avevano le loro mappe.
Cercavo di ricordare se avessi mai visto una mappa del complesso di Capodimonte o della Villa Comunale che mi spiegasse cos'è quel mausoleo o quel pozzo...

- dagli appunti di viaggio viennesi di Marco Maraviglia -

Come riparano le strade a Vienna

Davanti al supermercato dove andavamo stavano riparando una strada.
Io restavo fuori al supermercato ad ammirare uno spettacolo mai visto in vita mia.


Operai in divisa, con giubbetto giallo ed elmetto che sembravano più chirurghi ed ingegneri che operai.

Tre giorni per riparare un pezzo di strada di circa 6x3m.
Non era una buca, ma semplicemente c'era stato un avvallamento e, per una città dove molti sono abituati ad andare in bici, un avvallamento della strada è di una gravità inaudita.

In quei 3gg capii perché alcune strade erano asfaltate a rettangoli.
Con precisione maniacale si incideva un perimetro rettangolare con 10cm di profondità, poi si scavava per rimuovere la parte "malata" della strada, poi uno strato di ghiaia grossa e poi una prima colata di asfalto grosso lasciando ca. 5cm di vuoto in superficie.

All'asciugatura di quello strato di asfalto grosso, si disponeva una guaina di gomma bitumata lungo tutto il perimetro del rettangolo e poi la colata finale di asfalto fine. L'operazione successiva consisteva nel livellamento al resto della strada controllato con assi di legno affinché il tutto fosse stato messo in posa alla stessa altezza.

La guaina perimetrale serviva evidentemente ad ammortizzare le dilatazioni termiche tra il rattoppo nuovo e la parte di strada "vecchia".
Ma non chiamiamolo "rattoppo" perché alla fine la strada era come nuova e per chissà quanto avrebbe resistito.

Sai, non è come in certi luoghi a noi noti dove le riparazioni delle strade vengono eseguite quando si è arrivati alla buca e su questa si fa direttamente un'altra colata di asfalto senza rimuovere la parte malata e irrobustendola preventivamente.

- dagli appunti di viaggio viennesi di Marco Maraviglia -

‪#‎Vienna‬ ‪#‎Wien‬

L'inceneritore di Hundertwasser a Vienna

Come quei militari che dipingono Topolino e Paperino sui caccia o sulle bombe stesse, l'inceneritore di Vienna mi fa lo stesso effetto: un'arma colorata che sembra voglia abbindolare l'osservatore.

Io sono contro gli inceneritori.
Perché anche se esistesse un'altissima tecnologia che eviterebbe l'emissione di nano-particelle, sono per il recupero dei rifiuti, per gli imballaggi bio-degradabili, per la produzione di materiali eco-sostenibili.
Compostaggio, Trattamento Meccanico Biologico, ArrowBio, riciclaggio...


Mi spiace Mr. Hundertwasser... tu che eri un artista ecologista, quella volta ti fregarono. O fregasti noi visto che eri amico dell'Amministrazione?

- dagli appunti viennesi di Marco Maraviglia -

‪#‎Vienna‬ ‪#‎inceneritore‬ ‪#‎Hundertwasser‬

Architetture viennesi e spazi per i musei

Una delle cose che più mi ha colpito è la contaminazione di architetture di epoche diverse.

Per tutta la città vi sono palazzi storici affiancati da altri moderni che spesso hanno vetrate che riflettono i primi, quasi a voler marcare la simbiosi tra gli uni e gli altri.

Quando a Parigi si costruì la piramide nel piazzale del Louvre, si gridò allo scandalo.
L'effetto di contrasto che vidi del Pompidou innanzi a vecchi palazzi parigini mi lasciò perplesso...

Poi penso... in fondo di chi sono le città se non di chi le abita?
Man mano che cambiano le epoche, noi cambiamo look, adattiamo il nostro stile nel vestirci.
Sono scelte a volte dolorose perché magari siamo affezionati a quel maglione ma che indossandolo oggi ci porrebbe fuori contesto con i relativi risvolti sociali.

Nel Quartiere dei Musei ci sono due blocchi monolitici che prendono spazio nello slargo del complesso: il Mudok e il Leopoldum.
Forse per noi sarebbe inimmaginabile vedere un edificio minimal davanti l'ingresso del Palazzo Reale in p.zza Plebiscito o a p.zza Dante.

Stesso io, in tal caso, potrei essere uno dei contestatori, ma intanto... le città respirano. Le civiltà crescono, si rinnovano, divengono sempre più multiculturali, multietniche ed aumenta così la roba da catalogare, conservare, mostrare.
Occorreranno sempre più spazi museali.
E dove mettere tutta la roba che verrà?

Chi ha smantellato le tipografie, chi possiede archivi, chi colleziona calendari o migliaia di cartoline storiche di Napoli, chi possiede collezioni di artisti contemporanei (al momento sconosciuti)... dove andrà custodita tutta questa roba per non perderla e metterla a sistema per i viaggiatori del futuro?

Qui o si pensa sul serio a destinare Palazzo Fuga a un tosto processo di musealizzazione o saremo probabilmente costretti a vedere nuovi edifici costruiti in spazi non condivisibili dai cittadini.
O dovremo rinunciare alle nostre tracce di civiltà.

- dagli appunti di viaggio viennesi di Marco Maraviglia -
La maggior parte delle stazioni della metro, avevano le pareti ricoperte da monitor a filo di parete che trasmettevano spot pubblicitari.
Tornelli inesistenti, solo macchinette per obliterare i biglietti.


Del resto il senso di fiducia verso i cittadini lo si vedeva anche dalle buste presenti ad alcuni pali che contenevano i quotidiani e che chiunque poteva fregarselo senza inserire i 2,50 euro nell'apposita macchinetta.

Alla stazione del Prater c'era questa leggera "opera" d'arte che richiamava il il gioco e divertimento del parco. Quello della ruota panoramica, per intenderci. Ma il Prater non era solo la ruota.

L'istinto partenopeo di correre per prendere la metro al volo non riuscimmo a contenerlo per tutta la durata del soggiorno. Eppure passava ogni 5' e i display sulle banchine segnavano anche l'arrivo del treno successivo.

L'interno delle carrozze avevano tutte un display che indicavano la direzione (Piscinola o Garibaldi, per intenderci) e indicavano con una freccia luminosa il lato da cui uscire. In prossimità della fermata successiva, sugli stessi display ne compariva il nome.

Su ogni porta la tabella luminosa con tutta la rete delle 6 "U" (le sei linee metropolitane).
Forse i ciechi erano un po' penalizzati usando la metro anche se in alcune stazioni dei led a terra indicavano che non bisognava ostruire i loro percorsi.
Anche se tutti i semafori nelle strade indicavano con un ticchettìo più rapido che potevano attraversare la strada.

Se i controllori trovavano chi non aveva il biglietto, prima di fare la multa chiamavano la polizei. Tolleranza zero.
Perché era inammissibile non fare il biglietto visto che tutti i distributori automatici funzionavano e con istruzioni in quattro lingue. Italiano compreso.

Il biglietto giornaliero?
Era veramente giornaliero. Nel senso che durava 24h dal momento che lo obliteravi, ma potevi fare anche quello da 48h o anche da 72h con un buon abbattimento sul costo.

Perdonatemi la battuta ma mi giunge dal cuore: ‪#‎ciaonestazioneToledo‬

- dagli appunti di viaggio viennesi di Marco Maraviglia -

Ai Weiwei in mostra a Vienna. Foto libere nei musei

Con un "banner" così non ti può sfuggire una mostra.
Anche se non la cerchi.


E ti ritrovi in una dimensione a cavallo tra le scenografie di spazi aperti di Wim Wenders e una specie di capannone dove hai modo di vedere a sorpresa Dynamik!, la mostra di arte cinetica in cui, ovviamente, spiccano gli italiani con le loro opere.
E Ai Weiwei mi resta in secondo piano nonostante ne ammiri la sua dissidenza.

Per me l'arte deve essere un gioco, bisogna interagirci e trovandomi davanti a un pannello spento che per 30" non si attivava, cercai l'interruttore e lo pigiai per vedere. Ed ecco che spunta il guardiano che sputa qualche parola in tedesco incazzoso che mi fa capire che dovevo aspettare ancora per vedere l'opera in movimento.

E poi al piano superiore del 21er, dopo aver scattato decine di foto, finalmente mi beccano dicendomi che non era consentito farle.

Sono record questi di cui non so se andarne fiero. Sì perché nella stessa mattinata al Museo Belvedere, dopo aver scattato la prima foto nella sala medievale, un altro guardiano che mi fa "mi dispiace... mi dispiace"...
Tre cazzeate in un giorno nei musei non è da poco :)

Le "foto libere" divulgano conoscenza e promuovono i luoghi da visitare.
Cambiate le leggi come il buon Massimo Bray ha fatto fare in Italia!!!
O resterò comunque un fuorilegge.

- dagli appunti di viaggio viennesi di Marco Maraviglia -

Hundertwasser Haus... Case popolari. E a Napoli?

Non è Edenlandia.
Nemmeno Disneyland.
Sono case popolari assegnate agli artisti dal Comune di Vienna a 5,00 euro/mq.


Friedensreich Hundertwasser era un visionario, un "Impossible man".
Un artista che in tandem con alcuni architetti ha realizzato le sue visioni dove l'uomo doveva essere necessariamente in rapporto armonioso con la natura.
Non molti lo conoscono.

Lui era l'uomo delle curve, degli spigoli smussati, delle "finestre libere".
Nessuna finestra doveva essere identica all'altra.
La bellezza non sempre è perfezione aristotelica, geometria; l'armonia può esserci anche nella libertà delle forme, delle linee, dei colori.

Se F.L. Wright costruì la casa sulla cascata per armonizzarsi col suono scrosciante, se il genio Antoni Gaudì fu un anticipatore di questo genere ma al servizio del mecenate Guell, se l'artista Cesar Manrique pose dei vincoli paesaggistici per Lanzarote tuttora rispettati, Hundertwasser mise a disposizione della collettività la sua immaginazione.

Stare tre ore davanti questo edificio è stato come una seduta di yoga di 24 ore. Lì dove tutto è curvo, smussato e colorato, la tensione si smorza.

Non è difficile, non è impossibile.
Immagino il quartiere Traiano di Napoli trasformato così.
A Vienna non c'è il bidet ma la qualità della vita non è solo un bidet.
Largo agli artisti.

- Dagli appunti di viaggio viennesi di Marco Maraviglia -