martedì 28 ottobre 2014

Il potere curativo dei gatti

Le fusa e il massaggio "a pane" dei gatti sul corpo umano possono guarire le malattie dell'uomo?


Non è vero ma ci credo.
Non è solo il titolo di una commedia di Peppino De Filippo ma anche il titolo di un libro che lessi nel 2008.
Trattava di ipotesi impossibili di scienziati frustrati.
Quelli del "progetto Edge".
Frustrati perchè la scienza vuole sempre "prove provate" alle tue intuizioni.

La scienza non crede alla 5a dimensione.
La scienza non crede alle energie invisibili.
Tutto deve essere provato.
Motivo per cui c'è chi, credendo ai miracoli, diventa religioso.
Ma verrà il giorno in cui ci sarà un Papa che si scuserà con gli sciamani, gli stregoni e con tutti quelli che fanno strane magie. Gatti compresi.
C'è stato il Papa che ha chiesto scusa a Galileo dopo 500 anni, quello che ha chiesto scusa a Darwin. Quindi siamo sulla buona strada.
La Chiesa è sulla buona strada.

Ci sono ricercatori che hanno dedicato tempo per scoprire la nocività dei preservativi ma i risultati, per ovvi motivi, non verranno resi pubblici.
C'è un team internazionale che sta studiando nell'artico l'unico essere vivente senza emoglobina. Il risultato di questa ricerca ci potrà probabilmente far capire se gli umani potranno vivere senza sangue.
Ma vi sono ricerche impossibili. Zone inspiegabili con gli strumenti consentiti e disponibili.

Non è vero ma ci credo.
Ecco.
Io non sono uno scienziato ma ho la mia banale intuizione.
Le fusa dei gatti e il massaggio morbido e pungente, quello "a pane" per intenderci, credo che siano un antidoto per curare certe malattie.

Mi piacerebbe poter dire a qualche scienziato indipendente, a qualcuno di quelli frustrati, di realizzare una saccoccia di 3-4Kg che riproduca le vibrazioni della stessa intensità delle fusa di un gatto con dei pistoncini "morbidi e pungenti" come le zampette.
Poi prendere questa saccoccia e sperimentarla su malati di emicranie, reumatismi, mal di schiena e malattie gravi.


Non è vero ma ci credo.

sabato 18 ottobre 2014

Settimana a Capri (estate 2001)

La piazzetta di Capri
Fui ospite in una casa ancora in costruzione ad Anacapri. Ogni mattina si sceglieva la caletta dove farsi il bagno e quelle migliori, le meno affollate, erano ovviamente dove c'erano roccia rugosa e appuntita e mare profondo. Le altre, guajunera e famigliole.
La sera si scendeva a Capri con una navetta stra-affollata. Si passeggiava sottobraccio con l'amica e i fotografi ti facevano sentire VIP della Dolce Vita riprendendoti come paparazzi.
Il giorno dopo andavi a ritirare quella foto che oggi non sai manco dove sia.

Poi facevi la fila da Anema e Core, orecchiavi un nome di un buttadentro da qualche parte e all'ingresso scavalcavi tutti perchè avevi fatto il nome giusto.
Eri lì dentro per caso e comunque gradivi le cosce brune o dorate che zompettavano sui tavoli mentre cercavi il punto migliore per rinfrescarti con il climatizzatore.

All'uscita trovavi verso via Tragara un bar aperto dove non incontravi nessuno perchè appartenevi ad altro ceto, non avevi la barca attraccata giù al porto, non avevi la casa sull'isola e stavi bene per questo. Solo, a conversare con la cara amica.
Poi passò Briatore con la Campbell strafatta di non so cosa che la portava forse a vomitare da qualche parte.

All'alba gruppi di ragazzi rincoglioniti sparpagliati per la piazzetta. Chi aspettava la navetta, chi si era addormentato sulle scale o su una panchina del belvedere e nessuno capiva che gli chiedevi a che ora passasse la navetta per Anacapri.
Allora si prendeva l'ultimo taxi cabrio in stile cubano dell'isola, ci salivi assonnato e ti lasciavi cullare dalle curve a mezza costa dell'isola mentre lo stereo mandava Wish you where here.