martedì 24 febbraio 2015

Il popolo del 1° rigo

SMS, poi Twitter, poi l’iper-posting di Facebook. Negli ultimi anni la tecnologia ha creato ulteriori influenze sulla comunicazione che darà dei risvolti negativi nei rapporti interpersonali se ci lasciamo coinvolgere.



Si è riscontrato che su Facebook la maggior parte della gente commenta il post di un articolo leggendone solo il titolo.
Poi c’è anche chi commenta senza leggersi gli altri 150 commenti di un post ripetendo involontariamente a pappagallo ciò che qualcuno ha già scritto.
Anche perché a volte non si clicca sul “visualizza altri commenti” per seguire tutta la conversazione.
Sarà superficialità nell’affrontare un dialogo o semplice desiderio narcisistico di affermare la propria presenza, molto spesso la conversazione in rete diventa una bailamme di parole inutili.

Scrivere un pensiero in 140 caratteri senza dare adito a incomprensioni e derisioni è roba per pochi. La classifica dei twitt di Gazebo
A destra Diego Bianchi conduttore di Gazebo © Peppe Esposito
è una delle più grandi genialate in termini di comunicazione.
Provate a leggere una chat di vostro figlio: qlcn (qualcuno), qlcs (qualcosa), xke (perché), sono termini ormai antiquati rispetto al linguaggio abituale attuale dei ragazzi dai 20 anni in giù.
I giovani chattatori si capiscono tra di loro ma forse loro si stanno disabituando a comprendere gli adulti e, peggio ancora, avranno non poche difficoltà di concentrazione per leggere un testo universitario.
Ma il problema non riguarda solo loro.

Anche gli adulti si stanno abituando a fruire la grossa quantità di informazioni generata dai social network, con una velocità tale che incosciamente tendono a tagliare ciò che ritengono superfluo. È uno degli effetti da iper-informazione. Il sovradosaggio di informazioni che satura al punto tale da by-passare l’approfondimento.
“Sì, ne ho sentito parlare”, “ho saputo ma cosa è successo?”, “mi è sfuggito, non sapevo”… sono solo alcune delle frasi pronunciate da un tipo di persona probabilmente assordata dall’esagerata quantità di informazioni a cascata e senza filtro.

Persone che io chiamo “il popolo del primo rigo”, quello che ti risponde senza che tu capisca se non hai capito tu la risposta o lui non ha afferrato il senso di ciò che hai scritto; quello che ti fa una domanda anche se la risposta è già in ciò che hai scritto; quello che sembra che sia il boicottatore di quel famoso gioco del passaparola facendoti ritornare un concetto storpiato rispetto alla fonte iniziale.

Eppure le parole sono belle. L’Italiano poi è una lingua che consentirebbe l’azzeramento delle incomprensioni vista l’enorme quantità di vocaboli disponibili.
Leggiamo fino in fondo, fino al 100° rigo, fino all’ultima pagina. Altrimenti asteniamoci dai commenti.
Leggere è bello. Capire ciò che si legge è ancora più bello.
E se hai letto fin qui, sicuramente non fai parte del popolo del 1° rigo.


Dedicato a Marshall McLuhan.